E’ notizia di ieri che il decreto dignità si pone il problema delle conseguenze della sentenza (che da tempo abbiamo denunciato di natura solo ed esclusivamente “politica”) dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e che, nel solco della più classica tradizione politico/amministrativa italiana, per l’ennesima volta la politica “decide” “di non decidere” dopo l’annunciate acuta della campagna elettorale e dei primi giorni di governo.
Che tristezza!!!
Il Ministro dichiara che “con il decreto approvato ieri, viene esteso al caso dei diplomati magistrali quanto già previsto dal decreto legge 669/1996, che concede alle amministrazioni dello Stato di ottemperare all’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali entro 120 giorni dalla data di comunicazione del titolo esecutivo.”
Il Governo, con un escamotage giuridico assolutamente discutibile, ha deciso di posticipare la decisione in merito al destino delle diplomate magistrali, il tutto al solo fine di salvare l’inizio del prossimo anno scolastico. Allo stato la situazione paradossale è la seguente: i circa 6.000 diplomati destinatari delle prime pronunce del TAR e Consiglio di Stato e di qualche Giudice del Lavoro positive i cui ricorsi sono stati definiti con sentenze passate in giudicato sono salve e potranno continuare ad insegnare in virtù della fortuna di aver presentato un ricorso prima di altri. Le diplomate con provvedimenti cautelari o con sentenze anche negative ma emesse nei 120 giorni prima dell’ inizio del prossimo anno scolastico per il momento restano in cattedra in attesa che sulla base della pronuncia dell’Adunanza Plenaria i relativi ricorsi vengano respinti.
Tutti gli altri che non hanno ancora ricorsi definiti o che avevano temporeggiato confidando in un trattamento equo invece possono sostanzialmente ritenere il loro destino esclusivamente nelle mani della politica, con tutte le riserve e i dubbi che “le mani della politica” riserva!!!!
Il famoso principio “la legge è uguale per tutti” che lo Stato si fregia di scrivere in ogni aula di udienza di ogni Tribunale e il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione “piange lacrime amare”
Può definirsi democratico un paese in cui a soggetti in possesso di medesimi titoli validi per l’insegnamento è consentito di insegnare o meno solo in virtù della casualità dell’introduzione di un ricorso?
Senza voler fare commenti di natura politica e a prescindere dalle opinioni politiche di ciascuno di noi, ci si aspettava che un Governo presentatosi ai cittadini come il “governo del cambiamento” cambiasse effettivamente qualcosa e non invece che ancora una volta si adotta una soluzione tampone in attesa di una ispirazione divina che aiuti a risolvere il problema, aggiungendo problema a problemi deludendo anche i laureati in scienze della formazione primaria: NON C’E’ CHE DIRE BELL’ESORDIO SIG. MINISTRO, ALLA FACCIA DEL CAMBIAMENTO. NON VORREMMO CHE FOSSIMO ALL’ALBA DI UN GOVERNO CHE CON AZIONI GATTOPARDESCHE ILLUDE DI CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NULLA!!!